Per tutto il resto ci sono loro

tutto il restoQualche giorno fa un mio amico mi ha chiesto perché questo posto si chiama Webanca e sotto è scritto che non c’entra con la banca, quel posto dove ci versano i nostri stipendi, che ci fornice i prestiti e ci carica delle spese più varie. La banca è un’istituzione che io detesto. Sei obbligato ad avere un conto corrente, se no, non puoi ricevere lo stipendio. Le banche ed il governo, ai suoi tempi, si sono messi d’accordo che lo stato obblighi le aziende a versare gli stipendi dei dipendenti sui loro conti e non emettere più assegni, oppure dare il contante nella vera busta paga. Così le banche si sono allargate la clientela enormemente; il loro lobby vince sempre perché sono molto potenti e fanno girare i nostri soldi e prestano il denaro allo stato. Lo stato non poteva dire di no. Così la nostra libertà è andata a farsi benedire. Perché se sono costretto di ricevere i miei guadagni in modo prescritto dalle leggi, la mia libertà è stata limitata. Magari fosse unica limitazione.

Con lo sviluppo della società si tende sempre di più a non far girare i soldi veri, ma di fare tutti i pagamenti con le carte o via Internet. Come anche quando hanno introdotto l’obbligo di ricever gli stipendi in banca, anche qui ci spiegano che è la nostra convenienza, che evitiamo il rischio che ci rubino il denaro (ma ci possono rubare anche le carte), che i pagamenti sono più veloci e che in questo modo aiutiamo lo stato nella lotta contro gli evasori fiscali, odiati da noi tutti. Quando paghi con bancomat, rimane la traccia e l’impresa non può nascondere quella entrata. Va bene, ci hanno quasi convinto. Ho detto quasi, perché ieri è uscita una notizia bomba, almeno dal mio punto di vista. Ieri era domenica e la gente era concentrata sulla Formula 1 che si svolgeva a Monza e le solite partite di calcio. Così hanno infilato questa notizia sperando che rimanga al margine della coscienza delle persone.

Si è scoperto che Google e Mastercard si sono messi d’accordo per collaborare. In segreto, ovviamente. In cosa consiste l’accordo. Quelli di Google volevano verificare quanto la pubblicità online influisce su quella offline, cioè direttamente nei negozi. Uno vede una pubblicità online, clicca e non compra il prodotto su Internet. Signor G ha la traccia di questo evento. Però è possibile che stesso utente era invogliato a recarsi nel negozio e di comprare là. Perché è importante sapere una cosa di genere? Perché all’inserzionista posso mostrare che la chiamata a comprare funziona anche fuori rete e che così approfitta anche in un modo inaspettato. Avendo le prova su questi fatti, l’inserzionista sarebbe più invogliato a pubblicizzare di più o di pagare di più per essere meglio visibile. Ma come faccio a sapere se tutto questo funziona? Mi metto d’accordo con uno dei più grandi gestori di credito al mondo. Dalle statistiche risulta che il 25% di tutti i pagamenti negli Stati Uniti avviene con Mastercard.

Così Google ha comprato i relativi dati da quei con i quali puoi comprare tutto, tranne una cosa (e non mi ricordo più quale – mi riferisco alla nota pubblicità di questa società). Incrociando i propri dati con quelli forniti dal gestore delle carte di credito, sono arrivati alla conclusione che le vendite si estendono anche fuori dalla rete. Qui entra il problema della privacy! Entrambe le società sostengono che hanno usato i dati non nominativi. Difficile credere, perché se non conosco il nominativo, come posso affermare che ha visto l’inserzione online e abbia comprato nel negozio. Il tracciamento degli utenti può essere disattivato, ma l’impostazione predefinita è opposta. Pertanto ti dico che potevi disattivare la funzione e il fatto che tu non hai letto e sei stupido, sono cavoli tuoi. Importante è essere a posto con la legge (negli US non scherzano a proposito). Il fatto che un comportamento è immorale, non porta nella prigione e non fa pagare le multe milionarie. Come mai è uscita fuori questa vicenda alla luce di sole? Al progetto hanno partecipato tante persone e a qualcuno sempre viene voglia di parlare; forse un “piccolo” ricompenso da parte del giornalista che aveva annusato qualcosa, ma non aveva la conferma.

Non passerà troppo tempo e ci convinceranno che avere un microchip sotto la pelle è il modo più conveniente per noi per vivere. Non ci serve nessun tipo di documento, in quanto tutti i nostri dati saranno inseriti nella memoria del chip, oppure accessibili nel database utilizzando il nostro numero identificativo (questo possediamo anche oggi, tutti: il codice fiscale). Guido la macchina e mi ferma un poliziotto: per favore signore, appoggi il suo palmo sullo scanner. Sullo schermo dello stesso gli compare la mia faccia ed i dati relativi alla mia patente di guida. Preme un tasto e si vedono le targhe delle macchine che possiedo (per adesso ne ho una sola). Controlla la targa e se tutto risulta in regola mi saluta: buon proseguimento. Se per caso avessi andato troppo forte, mi offre di pagare la multa ridotta immediatamente. So di essere colpevole ed accetto. Mi fa appoggiare di nuovo il palmo su un’altra applicazione con la quale pago la somma dovuta. In questo caso sanno tutto di me, cioè di noi e possono gestirli come vogliono loro. Ma continueranno a dire che noi siamo un paese democratico e che i regimi in alcuni altri paesi sono autoritari e che la gente là sta male.

Per tutto il resto ci sono loroultima modifica: 2018-09-03T15:18:53+02:00da webanca
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